Linee guida sui dispositivi di trattamento delle acque ai sensi del D.M. 7 febbraio 2012, n. 25
Linee guida sui dispositivi di trattamentodelle acque destinate al consumo umanoai sensi del D.M. 7 febbraio 2012, n. 25
20 marzo 2013
Indice
RIASSUNTO 2
INTRODUZIONE 4
- SCOPO E CAMPO D’APPLICAZIONE 5
- DEFINIZIONI 6
- DESCRIZIONE DEI TRATTAMENTI PER LE ACQUE DESTINATE AL CONSUMO UMANO
CONOSCIUTI A LIVELLO NAZIONALE 9
3.1 Considerazioni generali 9
3.2 Trattamenti per le acque destinate al consumo umano conosciuti a livello nazionale 11
3.2.1 Filtri meccanici 11
3.2.2 Mezzi attivi 11
3.2.2.1 Resine a scambio ionico 12
3.2.2.2 Carboni attivi 13
3.2.2.3 Altre tipologie di materiali adsorbenti 13
3.2.3 Separazione su membrana: microfiltrazione, ultrafiltrazione, nanofiltrazione,
osmosi inversa 15
3.2.4 Dosaggio prodotti chimici 16
3.2.5 Campi magnetici 17
3.2.6 Trattamenti antibatterici e di disinfezione 17
3.2.6.1 Disinfettanti chimici 18
3.2.6.2 Impianti UV 19
3.2.6.3 Argento 19
3.2.7 Gassatura 20
3.2.8 Elettrodeionizzazione 20
3.3 Modalità di utilizzo 21
3.4 Ambito di impiego 21
- RIFERIMENTI 23
4.1. Disposizioni UE 23
4.2. Disposizioni nazionali 24
4.3. Norme tecniche 25
4.4. Letteratura scientifica 28
Riassunto
Il D.M. 25/2012 che stabilisce prescrizioni tecniche relative alle apparecchiature per il
trattamento dell’acqua destinata al consumo umano abrogando il preesistente D.M.
443/1990, si inquadra nel moderno contesto normativo in materia di qualità delle acque
destinate al consumo umano, igiene dei prodotti alimentari, codice del consumo e libera
circolazione delle merci. Obiettivo del decreto è garantire che i trattamenti non
pregiudichino la qualità delle acque, già idonee sotto il profilo sanitario, che le
apparecchiature di trattamento garantiscano gli effetti dichiarati, e che l’informazione
completa sugli effetti dei trattamenti sia adeguatamente fornita al consumatore.
Elaborate sulla base dei dettami del D.M. 25/2012, e tenendo conto delle specifiche
norme che regolano la produzione e l’utilizzo delle specifiche tecnologie di trattamento,
le presenti linee guida sono finalizzate alla “descrizione dei trattamenti per le acque
destinate al consumo umano conosciuti a livello nazionale”, a supporto di scelte
consapevoli da parte dei consumatori e tenendo anche conto del quadro generale della
qualità delle acque destinate al consumo umano in Italia.
I trattamenti considerati nel documento si basano su diversi processi fisici e chimici
(Figura 1) e non rivestono carattere sanitario, indirizzandosi principalmente a
modificare le caratteristiche organolettiche dell’acqua, rimuovendo sostanze
responsabili delle alterazioni dell’odore e del sapore e/o combinando processi di
gassatura e/o refrigerazione. Tenendo conto delle caratteristiche degli specifici processi
di trattamento e di come questi sono differentemente realizzati, combinati e sequenziati
all’interno delle apparecchiature in commercio, e nel contesto degli obblighi di
informazione previsti per i produttori e i distributori, viene ribadita la necessità da parte
dei consumatori di disporre di adeguate conoscenze sulle caratteristiche delle acque da
trattare e dell’impianto di distribuzione in essere, per valutare l’eventuale opportunità e
finalità del trattamento e per orientare l’eventuale scelta sull’apparecchiatura da
adottare. È richiamata nel contempo l’esigenza di esaustive istruzioni d’uso e il rispetto
di queste per quanto riguarda l’installazione, la manutenzione e l’impiego dei
dispositivi, a garanzia della sicurezza ed efficienza d’uso dell’apparecchiatura e della
qualità delle acque trattate, con alcuni riferimenti a specifici aspetti da tenere sotto
controllo per le diverse tipologie di trattamento.
Le modalità di utilizzo delle apparecchiature prevedono l’installazione permanente su
impianti di distribuzione delle acque al punto di ingresso negli edifici (point of entry), al
punto di erogazione (point of use) o anche il trattamento discontinuo di acque effettuato
a valle del punto di erogazione, come nel caso delle caraffe filtranti. L’ambito di
impiego delle apparecchiature, che determina anche specifiche responsabilità e criteri di
sorveglianza sui sistemi di trattamento, considera sia gli utilizzi domestici che in
esercizi commerciali, e include anche i trattamenti per erogazione di acque in unità
distributive aperte al pubblico, note come “chioschi dell’acqua”, di recente diffusione in
molte realtà territoriali.
In accordo con quanto stabilito nel D.M. 25/2012 le presenti linee guida non debbono
intendersi esaustive e dovranno essere integrate e aggiornate sulla base dello stato delle
conoscenze in materia di trattamenti di acque destinate al consumo umano.
Figura 1
Introduzione
La qualità delle “acque destinate al consumo umano” è regolata da norme, elaborate in
ambito europeo e recepite sul territorio nazionale, finalizzate a garantire nel tempo un
elevato livello di protezione della salute umana.
In termini generali, sulla base di una ingente quantità di informazioni rese
sistematicamente disponibili in ambito locale e regionale, e convogliate a livello
nazionale ed europeo1, si può affermare che in Italia la fornitura di acqua
qualitativamente idonea è perseguita con prassi rigorose e consolidate di gestione del
sistema idrico e controllata mediante un collaudato sistema di sorveglianza, regolato sul
piano legislativo, in merito a frequenza, tipologia e modalità dei controlli. Fatte salve
alcune circostanze, in genere limitate in termini temporali e territoriali, per le quali
possono verificarsi non conformità per presenza di parametri chimici o microbiologici
fuori norma ¾ in seguito alle quali possono anche essere disposte limitazioni d’uso
delle acque con adeguate azioni informative sulle popolazioni interessate ¾ le acque
distribuite sono idonee al consumo umano e possono essere consumate in condizioni di
sicurezza nell’intero arco della vita; pertanto, sotto il profilo sanitario, non si rileva
alcuna necessità di loro trattamenti a valle del “punto di consegna”.
Il ricorso a trattamenti di acque destinate al consumo umano può, d’altra parte, essere
offerto ai consumatori per perseguire modifiche nelle caratteristiche organolettiche delle
acque e quindi la loro accettabilità e gradevolezza al gusto mediante “trattamenti di
affinamento” basati su diversi processi fisici e chimici e/o modificare la temperatura di
erogazione e/o conferire alle acque caratteristiche di effervescenza. Le finalità dei
trattamenti possono d’altra parte indirizzarsi al controllo di talune caratteristiche delle
acque, tenendo conto delle interazioni di queste ultime con le reti di distribuzione
domestica, e possono in questo caso includere anche il dosaggio di prodotti chimici.
Da numerosi anni a questa parte, la diffusione di dispositivi di trattamento di acque
destinate al consumo umano in Italia risulta notevolmente estesa sia per diversità di
tecnologie impiegate e varietà di sistemi in commercio che per entità dei volumi di
apparecchiature commercializzate.
È importante evidenziare che al fine di ottenere le azioni di miglioramento perseguite
sulla qualità delle acque, le apparecchiature di trattamento utilizzano materiali, prodotti
e processi che, qualora non idonei per caratteristiche, progettazione o realizzazione
dell’apparecchiatura, o qualora impropriamente utilizzati o non adeguatamente gestiti
dagli utilizzatori, potrebbero non garantire il livello di prestazione atteso e anche
pregiudicare la qualità delle acque erogate dopo trattamento.
1 Per quanto riguarda l’accesso alle informazioni sulla qualità delle acque destinate al consumo umano,
una relazione di sintesi sulla qualità dell’acqua potabile e la tendenza a livello europeo è prodotta dalla CE
e disponibile a http://circa.europa.eu/Public/irc/env/drinking_water_rev/library?l=/drinking_synthesis
&vm =detailed&sb=Title. In Italia, nelle more della strutturazione da parte del Ministero della Salute del
“Portale Acque”, finalizzato a fornire e ricevere informazioni sulla qualità delle acque nel territorio
nazionale incluse le acque potabili, sono disponibili pubblicazioni periodiche emesse a livello territoriale
da Regioni, Comuni, ATO e/o dai gestori idrici.
5
Nel contesto di un’attenzione da tempo dedicata alle pratiche di trattamento effettuate a
valle dei punti di consegna e di conformità delle acque per il consumo umano è stato di
recente emanato il decreto del Ministero della Salute del 7 febbraio 2012, n. 25, recante
“Disposizioni tecniche concernenti apparecchiature finalizzate al trattamento dell’acqua
destinata al consumo umano” che abroga il preesistente D.M. 443/1990 introducendo un
nuovo approccio normativo volto a ricomprendere la moltitudine di realtà tecnologiche
sviluppate, o di possibile sviluppo, in questo settore, ed estendere il campo di
applicazione delle apparecchiature dall’ambiente domestico anche ai pubblici esercizi.
Il decreto si inquadra nel moderno contesto normativo in materia di acque destinate al
consumo umano, igiene dei prodotti alimentari, codice del consumo e libera
circolazione delle merci2 e dispone, tra l’altro, l’obbligo per i produttori e i distributori
di immettere sul mercato solo prodotti sicuri, garantendo che le apparecchiature, se
utilizzate e mantenute secondo quanto previsto nel manuale d’uso e manutenzione,
assicurino, durante il periodo di utilizzo, le prestazioni dichiarate e la conformità
dell’acqua trattata ai requisiti di legge.
- Scopo e campo d’applicazione
Le presenti linee guida, redatte a cura del Ministero della Salute in ottemperanza all’art.
3 comma 9, del D.M. 25/2012 concernono la “descrizione dei trattamenti per le acque
destinate al consumo umano conosciuti a livello nazionale”.
Scopo delle linee guida è presentare gli aspetti salienti delle tecnologie di trattamento
conosciute a livello nazionale ed il contesto normativo di riferimento, fermo restando
tutti gli specifici obblighi previsti per il produttore e distributore dal D.M. 25/2012, volti
a tutelare ed informare il consumatore e l’utente nelle fasi di scelta, acquisto, impiego e
manutenzione dell’apparecchiatura, anche per garantire la sicurezza d’uso del
dispositivo, l’efficacia delle azioni rispetto alle prestazioni dichiarate e, in ogni caso, la
conformità dell’acqua trattata ai requisiti stabiliti dal D.lgs. 31 e s.m.i.
Il campo di applicazione delle linee guida, in accordo con quanto individuato nel D.M.
25/2012 (art. 1, comma 1), riguarda le “apparecchiature tendenti a modificare le
caratteristiche dell’acqua potabile distribuita sia in ambito domestico che nei pubblici
esercizi”3. Pertanto queste linee guida vanno applicate alle apparecchiature impiegate
per modificare le caratteristiche dell’acqua destinata al consumo umano con cui essi
interagiscono, sia che l’acqua trattata venga destinata al consumatore finale ¾ in
ambiente domestico o in ambienti ed edifici a uso collettivo, o anche in strutture aperte
al pubblico che operino erogazione di acqua trattata ¾, sia che l’acqua venga impiegata
2 Sono richiamate, rispettivamente, le seguenti fondamentali normative di riferimento in merito: decreto
legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, regolamenti (CE) n. 178/2002 e n. 852/2004 , e decreto legislativo 6
settembre 2005, n. 206, e s.m.i.
3 Rif. art. 11, comma 1, lettera i del D.Lgs. 31/2001 e s.m.i.; ai sensi di queste linee guida viene usato
indistintamente il termine “dispositivo” od “apparecchiatura” per il trattamento delle acque destinate a
consumo umano.
6
nella produzione alimentare o fornita alla clientela di attività di ristorazione o pubblici
esercizi4.
La diffusione delle linee guida si integra con altre attività informative
continuativamente condotte dalle Autorità preposte, associazioni di categoria, gestori
idrici e professionisti del settore delle acque destinate al consumo e delle
apparecchiature di trattamento, anche in merito agli elementi introdotti con il D.M.
25/2012; tali azioni sono finalizzate ad approfondire e aggiornare le conoscenze e il
grado di tutela del consumatore in merito ai diritti all’informazione sui trattamenti in
commercio, anche per l’identificazione sul mercato di eventuali prodotti e informazioni
pubblicitarie non conformi alla vigente normativa.
Le linee guida, qui emesse in prima edizione, non possono intendersi esaustive. La
descrizione dei trattamenti conosciuti a livello nazionale si basa sulle informazioni
acquisite dalle autorità sanitarie periferiche e centrali nel corso delle attività di vigilanza
ad oggi condotte, nonché su dati resi facoltativamente disponibili da Associazioni di
categoria e parti interessate al Ministero della Salute, anche mediante un questionario
predisposto nella fase preparatoria delle linee guida.
Il documento ha acquisito parere favorevole del Consiglio Superiore di Sanità, Sezione
III, nella seduta del 15 novembre 2012.
Per la pubblicazione del documento è esperita la procedura di informazione di cui alla
direttiva 98/34/CE, come modificata dalla direttiva 98/48/CE, che prevede una
procedura di informazione nel settore delle norme e regole tecniche.
- Definizioni
Ai fini delle presenti linee guida valgono le seguenti definizioni assunte dalle rilevanti
disposizioni legislative richiamate nel D.M. 25/2012, ove non altrimenti specificato.
Acque destinate al consumo umano:
¾ acque trattate o non trattate, destinate a uso potabile, per la preparazione di cibi e
bevande, o per altri usi domestici, a prescindere dalla loro origine, siano esse fornite
tramite una rete di distribuzione, mediante cisterne, in bottiglie o in contenitori;
¾ acque utilizzate in un’impresa alimentare per la fabbricazione, il trattamento, la
conservazione o l’immissione sul mercato di prodotti o di sostanze destinate al
4 Non sono pertanto esaminati, in questa sede, i trattamenti di acque destinate a consumo umano,
quand’anche effettuati in ambito domestico, nei casi in cui le acque trattate alimentino una rete
indipendente da quella utilizzata per l’uso potabile, e siano finalizzati a modificare le caratteristiche delle
acque impiegate, ad esempio, per il funzionamento di impianti o elettrodomestici. Esulano inoltre dal
campo di applicazione di queste linee guida apparecchi utilizzati per trattamenti di potabilizzazione, ad
esempio dissalatori di acque utilizzate nei natanti, e per trattamenti di acque destinate ad usi diversi dal
consumo umano, come ad esempio per filtrazione dell’acqua ai punti di utilizzo in ospedale, per
trattamento di acque termali, di piscina, ecc.
7
consumo umano, escluse quelle la cui qualità non può avere conseguenze sulla
salubrità del prodotto alimentare finale.
Acque potabili condizionate5: acque destinate al consumo umano, comunque poste in
commercio, e acque sottoposte a procedure di filtraggio, o somministrate presso gli
esercizi di ristorazione.
Acqua potabile trattata6: acqua idonea al consumo umano non preconfezionata,
somministrata nelle collettività e in altri esercizi pubblici; la dizione “acqua potabile
trattata e gassata” va utilizzata laddove l’acqua sia stata anche addizionata di anidride
carbonica.
Analisi dei pericoli e punti critici di controllo (Hazard Analysis and Critical
Control Points, HACCP): sistema che identifica, valuta e controlla i rischi significativi
per la sicurezza alimentare7, basato sui seguenti principi:
¾ identificare ogni pericolo che deve essere prevenuto, eliminato o ridotto a livelli
accettabili;
¾ identificare i punti critici di controllo nella fase o nelle fasi in cui il controllo
stesso si rivela essenziale per prevenire o eliminare un rischio o per ridurlo a
livelli accettabili;
¾ stabilire, nei punti critici di controllo, i limiti critici che differenziano
l’accettabilità e l’inaccettabilità ai fini della prevenzione, eliminazione o riduzione
dei rischi identificati;
¾ stabilire e applicare procedure di sorveglianza efficaci nei punti critici di
controllo;
¾ stabilire le azioni correttive da intraprendere nel caso in cui dalla sorveglianza
risulti che un determinato punto critico non è sotto controllo;
¾ stabilire le procedure, da applicare regolarmente, per verificare l’effettivo
funzionamento delle azioni poste in essere;
¾ predisporre documenti e registrazioni adeguati alla natura e alle dimensioni
dell’impresa alimentare al fine di dimostrare l’effettiva applicazione delle azioni
poste in essere.
Consumatore o utente:
¾ nel caso di apparecchiature, persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività
imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta;
¾ nella fattispecie di prodotti alimentari, il “consumatore finale” di un prodotto
alimentare che non utilizzi tale prodotto nell’ambito di un’operazione o attività di
un’impresa del settore alimentare”.
Distributore (di apparecchiature): qualsiasi operatore professionale della catena di
commercializzazione, la cui attività non incide sulle caratteristiche di sicurezza dei
prodotti.
5 Rif. art. 18 Decreto legislativo 08 ottobre 2011, n. 176. Attuazione della direttiva 2009/54/CE,
sull’utilizzazione e la commercializzazione delle acque minerali naturali. (11G0218).
6 Rif. art. 13, c. 2, Decreto legislativo 23 giugno 2003, n. 181. Attuazione della direttiva 2000/13/CE
concernente l’etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonchè la relativa pubblicità.
7 Rif. Codex Alimentarius CAC/RCP 1-1996 Rev 4-2003.
8
Impianto di distribuzione domestico: condutture, raccordi e apparecchiature installati
tra i rubinetti normalmente utilizzati per l’erogazione dell’acqua destinata al consumo
umano e la rete di distribuzione esterna. La delimitazione tra impianto di distribuzione
domestico e rete di distribuzione esterna, denominata “punto di consegna”, è costituita
dal contatore, salva diversa indicazione del contratto di somministrazione.
Installazione: collegamento permanente del dispositivo di condizionamento dell’acqua
all’interno dell’edificio al sistema di distribuzione dell’acqua, compresa l’alimentazione
elettrica e servizi ausiliari, eventualmente necessari per il corretto funzionamento
dell’apparecchiatura e per soddisfare i requisiti delle norme di prodotto pertinenti e la
legislazione esistente.
Impresa alimentare: ogni soggetto pubblico o privato, con o senza fini di lucro, che
svolge una qualsiasi delle attività connesse a una delle fasi di produzione,
trasformazione e distribuzione degli alimenti.
Manutenzione (ordinaria): gli interventi finalizzati a contenere il degrado normale
d’uso, nonché a far fronte a eventi accidentali che comportano la necessità di primi
interventi, che comunque non modificano la struttura dell’impianto su cui si interviene o
la sua destinazione d’uso secondo le prescrizioni previste dalla normativa tecnica
vigente e dal libretto di uso e manutenzione del costruttore.
Operatore del settore alimentare: persona fisica o giuridica responsabile di garantire
il rispetto delle disposizioni della legislazione alimentare nell’impresa alimentare posta
sotto il suo controllo.
Point-of-Entry (POE) (sistema installato al): sistema utilizzato per trattare tutta o
parte dell’acqua per i locali all’interno degli edifici.
Point-of-use (POU) (sistema installato al): sistema utilizzato per trattare l’acqua a
monte di un singolo rubinetto o prese multiple, ma non per l’intero impianto.
Pericolo o “elemento di pericolo”: agente biologico, chimico o fisico contenuto in un
alimento o mangime, o condizione in cui un alimento o mangime si trova, in grado di
provocare un effetto nocivo per la salute.
Produttore: fabbricante del prodotto stabilito nella Comunità Europea8, o qualsiasi
altra persona che si presenti come fabbricante apponendo sul prodotto il proprio nome,
il proprio marchio o un altro segno distintivo, o colui che rimette a nuovo il prodotto;
rappresentante del fabbricante se quest’ultimo non è stabilito nella Comunità;
importatore del prodotto, qualora non vi sia un rappresentante stabilito nella Comunità;
altri operatori professionali della catena di commercializzazione nella misura in cui la
loro attività possa incidere sulle caratteristiche di sicurezza dei prodotti.
8 Rif. decreto legislativo del 6 settembre 2005, n. 206. Codice del consumo, a norma dell’articolo 7 della
legge 29 luglio 2003, n. 229.
9
- Descrizione dei trattamenti per le acque destinate al
consumo umano conosciuti a livello nazionale
3.1 Considerazioni generali
Le apparecchiature di trattamento di acque destinate al consumo umano attualmente in
commercio utilizzano generalmente uno o più processi, regolati da specifiche norme
tecniche9, i cui principi generali sono descritti nei seguenti paragrafi.
Le modalità di realizzazione e controllo dei trattamenti, nonché la loro combinazione e
sequenza all’interno di ciascuna apparecchiatura, si differenziano notevolmente a
seconda dei modelli in commercio, in funzione anche delle finalità del dispositivo, dei
volumi di acqua da trattare, della destinazione d’uso, ecc. Sono attualmente diffuse in
commercio apparecchiature che utilizzano denominazioni di fantasia, anche oggetto di
brevetti, e si basano comunque su uno o più trattamenti descritti nei seguenti paragrafi10.
Si sottolinea che, in accordo con le prescrizioni del D.M. 25/2012, è indispensabile che
il consumatore sia adeguatamente informato, da parte del produttore e del distributore,
secondo le rispettive competenze, per valutare l’eventuale opportunità e orientare
l’eventuale scelta sulla specifica apparecchiatura di trattamento.
A tal fine, è essenziale che siano attentamente valutati i dati sulle caratteristiche delle
acque da trattare e, ove possibile, sulla struttura e condizioni dell’impianto di
distribuzione domestico, anche in relazione alla eventuale presenza di altri dispositivi di
trattamento sulla stessa rete. Su tale base si potrà definire l’opportunità e la finalità
dell’eventuale trattamento, e configurare un eventuale sistema idoneo, in funzione della
compatibilità dell’apparecchiatura con l’impianto e le acque da trattare (prestando
attenzione a tutti quei parametri quali, ad esempio, pressioni di esercizio, temperatura
dell’acqua, pH, durezza, che potrebbero non rientrare nel campo di impiego
dell’apparecchiatura), e delle prestazioni attese dal trattamento.
Al fine di prevenire potenziali rischi per la sicurezza dei consumatori e garantire le
prestazioni dei dispositivi è contestualmente indispensabile che sia assicurata la
disponibilità di esaustive istruzioni d’uso, ai sensi dell’art. 6 del D.M. 25/2012, per
quanto riguarda l’installazione, la manutenzione e l’impiego dei dispositivi, in funzione
sia della tipologia di trattamento che delle specifiche dell’apparecchiatura.
9 Cfr. sez. 4 “Riferimenti”. Le norme regolano, tra l’altro, le caratteristiche e requisiti dei materiali
impiegati per i diversi trattamenti, inclusi i livelli di impurezze, l’installazione, l’utilizzo e la
manutenzione dei sistemi di trattamento, i metodi di prova applicabili ai materiali ed alle acque trattate,
ed ogni altro aspetto di rilevanza per ogni specifico trattamento, necessario a garantire l’efficienza del
processo ed a prevenire i rischi ad essi correlati.
10 Si richiama in tal senso l’obbligo in materia di pubblicità del D.M. 25/2012 secondo il quale “Nessuna
apparecchiatura può essere propagandata o venduta sotto la voce generica di “depuratore d’acqua”, ma
solo con la precisa indicazione della specifica azione svolta.”
10
In particolare, tenendo conto delle caratteristiche delle acque da trattare, della tipologia
di trattamento adottata e della specifica apparecchiatura, attenzione specifica deve
essere rivolta:
¾ ai potenziali rischi di un’eccessiva demineralizzazione delle acque e conseguente
minore apporto di micronutrienti e sali minerali per il consumatore che potrebbe
essere associata a taluni trattamenti11;
¾ alle modalità e ai tempi di un’eventuale conservazione dell’acqua trattata prima del
consumo, tenendo anche conto della possibile rimozione del disinfettante residuo12
per effetto di taluni trattamenti, con conseguente minore protezione dell’acqua
trattata rispetto a rischi microbiologici; la necessità di tenere sotto controllo
un’eventuale presenza microbica può altresì essere correlata alle caratteristiche di
alcuni mezzi di trattamento suscettibili di colonizzazione da parte dei
microrganismi;
¾ alla conformità ai requisiti di sicurezza essenziali di cui all’art. 5 del DM 25/2012
che prevedono, tra l’altro, la presenza di un sistema in grado di assicurare il non
ritorno dell’acqua trattata in rete, di segnalatori di operazioni di manutenzione e di
un sistema, manuale o automatico, che permetta l’erogazione dell’acqua non trattata,
interrompendo l’erogazione di quella trattata, nel caso l’apparecchiatura di
trattamento non possa garantire funzionalità ottimale.
Le presenti linee guida hanno finalità informative e non prescrittive, e non devono
intendersi esaustive. Apparecchiature basate su tecnologie di trattamento non incluse
nelle presenti linee guida, possono essere comunque disponibili in commercio, fatti
salvi in ogni caso gli obblighi di cui al D.M. 25/2012 e altra normativa applicabile.
11 In particolare, è riconosciuto un ruolo importante dell’acqua nell’apporto di elementi minerali, tra i
quali calcio e magnesio, principali determinanti della “durezza” di un’acqua; l’assunzione di tali elementi
con l’acqua è sostanziale soprattutto per individui che ricevano contributi marginali degli stessi elementi
da altre fonti alimentari, quali ad esempio individui intolleranti al lattosio o praticanti di diete pressoché
esclusivamente vegetali. L’OMS, in considerazione dell’importanza della presenza di minerali essenziali
nell’acqua destinata al consumo umano e riferendosi non solo alle acque potabili ottenute mediante
trattamenti di dissalazione ma anche ad acque ottenute da trattamenti domestici che comportino riduzione
delle concentrazione di minerali essenziali tra cui calcio e magnesio, prevede che “Gli utilizzatori di
questi dispositivi devono essere informati delle modifiche nella composizione minerale causate dai
trattamenti e delle possibili conseguenze sull’assunzione totale di sostanze nutritive. Ad esempio, coloro
che vendono o installano questi dispositivi possono essere motivati ad attirare l’attenzione degli
utilizzatori di queste apparecchiature circa l’eventualità di una ridotta assunzione di minerali.” L’OMS
conclude, inoltre, con la raccomandazione generale che “Occorre informare i consumatori della
composizione minerale dell’acqua, indipendentemente dal fatto che sia trattata o no”.
Nella corrente normativa europea sulla qualità delle acque destinate al consumo umano non viene
espressamente regolamentato il parametro “durezza”; d’altra parte nella normativa nazionale, la
“durezza” è considerata tra i parametri indicatori (All. 1 parte C, D.L.gs. 31/2001 e s.m.i.) con un valore
consigliato compreso tra 15°-50° F, il limite inferiore vale per le acque sottoposte a trattamento di
addolcimento o di dissalazione.
12 Una concentrazione minimale di disinfettante residuo, generata dai processi di disinfezione nel corso
della potabilizzazione e/o distribuzione delle acque, è generalmente raccomandata per consentire la
protezione delle acque distribuite da ricontaminazioni o proliferazioni microbiche. La presenza del
disinfettante residuo ai livelli raccomandati non riveste in alcun caso rischi sanitari.
11
3.2 Trattamenti per le acque destinate al consumo umano conosciuti a
livello nazionale
3.2.1 Filtri meccanici
I filtri meccanici sono dispositivi progettati per rimuovere sostanze indisciolte
dall’acqua; generalmente sono disponibili in forma di cartucce o dischi, come elementi
filtranti ispezionabili e lavabili, filtri lavabili in controflusso, o filtri mono o pluri-uso
rimpiazzabili. Per la composizione del filtro possono essere utilizzati materiali sintetici,
metalli, tessuti, o materiali per lo più inerti, quali sabbia o quarzite, disposti anche in
multistrato. A seconda dei materiali e delle tecnologie impiegate, le apparecchiature
presentano gradi di filtrazione specifici, per la rimozione del particolato potenzialmente
presente nelle acque in un certo intervallo di granulometria compreso tra 1 e 150 μm
(Figura 2).
Con diverse modalità a seconda delle tipologie costruttive, dei materiali e delle
caratteristiche delle acque sottoposte a trattamento, i filtri meccanici possono andare
incontro a intasamento, anche in seguito ad un’eventuale stagnazione dell’acqua per
prolungata inutilizzazione dell’apparecchiatura; è importante pertanto che l’elemento
filtrante sia facilmente ispezionabile e lavabile manualmente o automaticamente o che,
comunque, possa essere agevolmente sostituito.
3.2.2 Mezzi attivi
I filtri a “masse attive” o a “mezzi attivi” sono costituiti da materiale adsorbente, resine
a scambio ionico o materiale chimicamente attivo, in grado di rimuovere sostanze
disciolte nell’acqua per effetto di reazioni chimiche, interazioni tra cariche ioniche o
altre attività chimico-fisiche di natura superficiale. Il mezzo attivo, generalmente in
forma di polvere o granuli, è di solito contenuto in supporti inerti, quali dischi o
cartucce, che agevolano l’interazione con l’acqua impedendo, nel contempo, la
dispersione del materiale filtrante.
L’impiego dei mezzi attivi è generalmente finalizzato alla riduzione del cloro residuo13
e/o di diverse sostanze organiche e inorganiche per il miglioramento delle qualità
organolettiche. Largamente impiegati sono i mezzi attivi basati su resine a scambio
ionico per l’addolcimento delle acque, vale a dire la riduzione della durezza,
principalmente associata alla presenza di sali di calcio e magnesio14, correlata anche alle
proprietà incrostanti dell’acqua; in molti casi il campo di impiego di questi trattamenti
riguarda esclusivamente utilizzi tecnologici (per l’alimentazione di lavatrici, caldaie,
lavastoviglie, ecc.), in reti segregate dalla distribuzione delle acque destinate a consumo
umano.
Nelle apparecchiature di filtrazione con mezzi attivi il controllo delle potenziali
alterazioni di parametri microbiologici risulta spesso indispensabile in considerazione
13 Cfr. nota 12.
14 Cfr. nota 11.
12
della possibilità di colonizzazione del materiale filtrante da parte dei microrganismi. A
tal fine, in molte apparecchiature viene associata al trattamento di filtrazione un’azione
di disinfezione in continuo, ad esempio tramite UV o argento, o di disinfezione
periodica, automatica o manuale, con altri disinfettanti chimici.
I mezzi attivi più comunemente utilizzati per i trattamenti di acque destinate al consumo
umano comprendono resine a scambio ionico (anionico e cationico) e carbone attivo ed
altri mezzi catalitici o adsorbenti. Per questi sono di seguito riportate alcune
informazioni relative all’utilizzo nelle apparecchiature incluse nel campo di
applicazione delle linee guida.
3.2.2.1 Resine a scambio ionico
Lo scambio ionico è un processo chimico-fisico reversibile in base al quale uno ione
mobile legato a una fase solida che compone una resina scambiatrice è
stechiometricamente scambiato con un altro ione presente nella fase liquida. Le resine a
scambio ionico utilizzate nei trattamenti delle acque sono in grado di sostituire ioni
presenti nel mezzo attivo con ioni dei sali disciolti nell’acqua con la quale vengono a
contatto.
Le resine a scambio cationico, soprattutto quelle in forma sodica, sono largamente
utilizzate per l’addolcimento, sostituendo gli ioni calcio (Ca2
+) e magnesio (Mg2
+) con
lo ione sodio (Na+). Resine a scambio anionico sono utilizzate per sostituire ioni
negativi, come, ad esempio, nel caso della rimozione dalle acque dello ione nitrato
(NO3
-), trattenuto dalla resina e scambiato con lo ione cloruro (Cl-).
Sono anche disponibili sul mercato resine a letto misto, per l’abbattimento simultaneo di
anioni e cationi (in genere durezza e nitrati con resine in ciclo sodico).
Talvolta sono utilizzate. soprattutto in caraffe filtranti. resine cationiche in forma acida
per la rimozione di durezza temporanea.
Figura 2
13
Nella gran parte dei casi, una volta raggiunta la saturazione delle resine che
compromette la capacità di scambio, è possibile la rigenerazione di queste attraverso
processi eseguiti in automatico dall’apparecchiatura. A tal fine i dispositivi sono dotati
di soluzioni saline da impiegare per la rigenerazione delle resine e di circuiti di
rigenerazione, opportunamente segregati dalle reti di trattamento delle acque per
prevenire ogni potenziale contaminazione.
3.2.2.2 Carboni attivi
Il carbone attivo è un materiale adsorbente largamente usato nei trattamenti di
potabilizzazione per la sua capacità di rimuovere inquinanti organici e inorganici con
effetti anche su colore, odore e sapore delle acque. Trova anche utilizzo come mezzo
attivo in trattamenti di acque destinate a uso umano.
I carboni, ottenuti da lignite, torba, noce di cocco, o altre matrici di origine vegetale o
minerale sono caratterizzati da un elevato potere adsorbente che ne connota la proprietà
di trattenere sulla propria superficie le sostanze da rimuovere dalla fase acquosa.
L’elevata superficie disponibile per unità di massa (500 – 1.500 m2/g) consente, infatti,
di effettuare un efficace adsorbimento rispetto a composti correlati al sapore e odore
delle acque, in molti casi riconducibili al trattamento con il cloro, e di trattenere anche
alcuni sottoprodotti di disinfezione, come trialometani, eventualmente presenti in tracce.
Per evitare possibili fenomeni di proliferazione microbica in seguito a trattamento con
carboni attivi, l’acqua trattata è generalmente sottoposta a disinfezione prima
dell’utilizzo.
3.2.2.3 Altre tipologie di materiali
Esiste un’ampia tipologia di materiali utilizzabili per il trattamento delle acque, che si
differenziano fra loro sulla base delle loro proprietà funzionali e granulometriche. Per
alcuni materiali l’azione di adsorbimento può combinarsi, più o meno
significativamente, con un’azione filtrante basata sull’esclusione dimensionale.
I materiali descritti trovano spesso utilizzo nei sistemi di potabilizzazione delle acque e
anche in apparecchiature per trattamenti di acque destinate al consumo umano; in
entrambi i casi, i materiali possono costituire la totalità del mezzo filtrante di un sistema
o dispositivo di trattamento oppure possono essere utilizzati in composizioni variabili e
differentemente assemblati nei diversi prodotti commerciali.
La silice, diossido di silicio (SiO2) è comune in natura nello stato solido cristallino, e
presente in minerali come il quarzo e i suoi polimorfi, e più raramente nello stato
amorfo, come nell’opale; la silice cristallina è largamente presente in granuli di rocce
sedimentarie, come sabbia, radiolariti o quarzireniti.
Le terre di diatomee sono farine fossili costituite da silice amorfa di origine organica
proveniente da scheletri di diatomee depositatesi in mare, in milioni di anni, e
successivamente emersi. La terra di diatomee viene utilizzata legata a supporti di vario
tipo (tela, ceramica, polipropilene) ed è caratterizzata da un’elevata permeabilità,
14
variabile in funzione della natura della modalità di preparazione. La permeabilità
caratteristica del mezzo tende a esaurirsi nel tempo, per questo motivo i filtri a diatomee
vanno periodicamente sostituiti.
La terra di diatomee può essere sostituita da, o miscelata con perlite che si ottiene da un
minerale di origine vulcanica (riolite, costituita da quarzite e feldspati) che, sottoposta a
calcinazione, libera istantaneamente l’acqua di idratazione provocandone la
polverizzazione in forma di microsfere. Rispetto alla terra di diatomee, la perlite è
caratterizzata da una minore permeabilità.
Le zeoliti sono una famiglia di minerali con struttura cristallina regolare e microporosa
caratterizzati da una notevole quantità di volumi vuoti interni ai cristalli. Le zeoliti sono
strutturalmente tectosilicati nei quali l’insieme dei tetraedri SiO4 e AlO4
-, uniti al vertice
da atomi di ossigeno, delimita spazi intercomunicanti di diverse dimensioni, occupati da
cationi (di solito sodio, calcio, magnesio o potassio) e da acqua di idratazione. Per
effetto del riscaldamento ha luogo la disidratazione dei cristalli in seguito alla quale si
formano delle cavità nella struttura cristallografica in grado di trattenere sostanze con
dimensioni molecolari compatibili. In relazione a questo tipo di struttura le zeoliti
presentano la possibilità di scambi cationici, di disidratazione parziale e reversibile, di
adsorbimento selettivo per varie sostanze. Per questo, prima dell’avvento delle resine a
scambio ionico sintetiche, trovavano un notevole impiego industriale soprattutto per
ridurre la durezza delle acque. La più diffusa zeolite artificiale è stata per lungo tempo
la così detta terra verde (o zeolite al manganese), caratterizzata dalla presenza di
molecole di biossido di manganese (MnO2), introdotte mediante processi chimici
all’interno della struttura cristallina per catalizzare reazioni di ossidazione del
manganese ionico contenuto nell’acqua (Mn2+) a biossido (MnO2) insolubile. Per
analoghe finalità viene oggi più ampiamente utilizzata la pirolusite (vedi oltre). Zeoliti
artificiali sono utilizzate anche in laboratori di ricerca come setacci molecolari.
La dolomite semicalcinata, di formula chimica CaCO3·MgO, viene ottenuta mediante
calcinazione della dolomite naturale (minerale costituito da carbonato di calcio e
magnesio) operata ad alte temperature, in atmosfera di anidride carbonica in controflusso.
La dolomite semicalcinata così ottenuta viene utilizzata come materiale filtrante
utile alla correzione del pH, all’addolcimento, e per la rimozione di solidi sospesi
(mediante azione filtrante meccanica) e metalli (che precipitano sul minerale per effetto
dell’innalzamento del pH).
La pirolusite è uno dei più importanti minerali del manganese, costituito da biossido di
manganese, di formula MnO2, di colore nero, con lucentezza metallica; viene utilizzato
comunemente nel trattamento delle acque per la rimozione del ferro e del manganese in
esse contenuto sotto forma di sali solubili, in virtù della sua azione catalitica.
L’idrossido di ferro Fe(OH)3 granulato viene prodotto artificialmente da materie prime
di elevata purezza e viene impiegato negli impianti di adsorbimento con letto fisso,
soprattutto per eliminare arseniato e fosfati.
L’allumina attivata, ossido d’alluminio (Al2O3), è un materiale amorfo, di porosità e
superficie di scambio elevate. Viene generalmente ottenuta per calcinazione
dell’idrossido di alluminio e successiva granulazione, associata ad un processo di
attivazione che permette di aumentare notevolmente la superficie adsorbente del
15
materiale. Le proprietà dell’allumina attivata vengono utilizzate per la rimozione di ioni
inorganici, in particolare fluoruro, arseniato, cromato, sali di selenio, berillio, tallio e
contaminanti organici polari.
3.2.3 Separazione su membrana: microfiltrazione, ultrafiltrazione,
nanofiltrazione, osmosi inversa
Nel contesto applicativo di queste linee guida i sistemi di filtrazione su membrana sono
finalizzati alla riduzione della presenza nell’acqua di eventuali sostanze solide sospese o
in dispersione colloidale, di microrganismi, di molecole organiche o di solidi disciolti.
A differenza della filtrazione meccanica o convenzionale, in cui la rimozione delle
sostanze dalle acque è operata soprattutto per differenza di dimensioni in un processo di
percolazione, la filtrazione su membrana consente anche la separazione di soluti
disciolti con un processo a flusso tangenziale; il trattamento di separazione è, infatti,
operato attraverso strutture permeabili o semipermeabili che regolano il passaggio
selettivo di soluti, solventi o particelle tra due soluzioni di diversa composizione. La
membrana agisce, infatti, come barriera selettiva che, permettendo il trasferimento di
certi componenti di una miscela e trattenendone altri, genera una soluzione purificata
(filtrato) ¾ l’acqua trattata ¾, ed una soluzione più concentrata (retentato), arricchita
dei componenti rimossi dalle acque di origine.
Il materiale costituente la membrana può essere di natura organica, generalmente di
origine sintetica, a struttura polimerica, o inorganica (ceramiche, metalli e leghe
metalliche).
Il trattamento consente la rimozione simultanea di differenti specie chimiche e
microrganismi (Figura 2) che vengono ritenuti dai differenti sistemi di filtrazione, in
funzione delle dimensioni (μm) e della loro massa molecolare (Dalton); a seconda del
grado di filtrazione, determinato anche dalla natura chimica e dalla struttura della
membrana, si distinguono in particolare:
¾ microfiltrazione, in grado di trattenere particelle di diametro compreso fra 0,05 e 10
μm;
¾ ultrafiltrazione, in grado di trattenere particelle di diametro compreso fra 0,001-
0,05 μm;
¾ nanofiltrazione, in grado di trattenere particelle di diametro compreso fra 0,0001 e
0,001 μm;
¾ osmosi inversa ed elettrodialisi, in grado di trattenere particelle di diametro
inferiore a 0,001 μm.
Da rilevare che nel passaggio da ultrafiltrazione ad osmosi inversa diventano sempre più
preponderanti i fenomeni di natura chimica ed elettrochimica (affinità tra membrana e
sostanza da rimuovere) rispetto a quelli di tipo dimensionale (interazione sterica).
Nonostante la complessità e la continua evoluzione tecnologica dei sistemi di filtrazione
su membrana15, un’apparecchiatura di trattamento per acque destinate al consumo
15 I processi di separazione su membrana sono oggetto di uno sviluppo tecnologico importante, anche in
considerazione delle applicazioni in molteplici settori quali dissalazione delle acque, trattamenti di acque
16
umano basata su tali processi si compone generalmente di un circuito idraulico che
comprende, oltre alla membrana di filtrazione, recipienti a pressione per realizzare le
prefiltrazioni, ed un recipiente per l’acqua filtrata, generalmente sottoposta a posttrattamento
di disinfezione per garantirne la qualità microbiologica. Le apparecchiature
in commercio possono differenziarsi significativamente dallo schema descritto, ad
esempio i recipienti di raccolta delle acque filtrate non sono presenti in impianti a
produzione continua. Il circuito di raccolta della soluzione concentrata è adeguatamente
segregato e protetto da quello dell’acqua filtrata per evitare contaminazioni. Il
funzionamento dei sistemi è oggi largamente automatizzato e controllato in tutte o parti
delle funzioni, come il lavaggio delle membrane e la disinfezione continua. In alcuni
casi è attuato un pretrattamento delle acque con filtri meccanici ed adsorbenti, a
protezione della membrana.
Considerazione particolare va rivolta alle caratteristiche delle acque da trattare e alle
specifiche dell’apparecchiatura rispetto a eventuali rischi di eccessiva
demineralizzazione delle acque e conseguente minore apporto di micronutrienti e sali
minerali16, che potrebbe essere associato a taluni trattamenti di filtrazione a membrana.
In un contesto di utilizzo sostenibile delle risorse idriche, utili informazioni in merito ad
alcuni trattamenti di filtrazione su membrana riguardano anche i quantitativi di
soluzione concentrata da destinare allo scarico e la possibilità di utilizzo della soluzione
del retentato per applicazioni dove non è richiesta un’acqua con ridotta salinità.
3.2.4 Dosaggio prodotti chimici
Alcune sostanze chimiche finalizzate al trattamento delle acque destinate al consumo
umano vengono immesse nell’acqua da trattare a mezzo di dispositivi di dosaggio. La
quantità del prodotto dosato è regolata proporzionalmente alla portata di acqua da
trattare.
I prodotti chimici che possono essere utilizzati sono disinfettanti, deossigenanti, agenti
riducenti, e/o prodotti ad azione protettiva delle reti di distribuzione, quali filmanti,
antincrostanti, anticorrosivi e/o desilicanti. Fra questi ultimi trovano un diffuso impiego
i polifosfati, utilizzati per la riduzione di incrostazioni nelle reti di distribuzioni, dovute
alla presenza di calcio e magnesio, o per l’abbattimento di ferro e manganese, mediante
complessazione. Trattamenti di dosaggio di prodotti chimici finalizzati alla
sanificazione e disinfezione e alla gassatura sono oggetto di successivi paragrafi
(rispettivamente 3.2.6 e 3.2.7).
Considerazione particolare per questa tipologia di trattamenti è da rivolgere alle
caratteristiche dei prodotti impiegati, che devono rispondere alle prescrizioni di purezza
previste dal settore alimentare, e alle concentrazioni nelle acque trattate dei composti
reflue, purificazione dell’aria, industrie alimentari, industria farmaceutica, etc. L’evoluzione tecnologica
dei sistemi interessa in primo luogo i materiali costituenti le membrane (in fase gas, liquido, solido o in
combinazione) ma anche le forze motrici per realizzare la filtrazione che, oltre alla pressione, possono
comprendere temperatura, concentrazione delle soluzioni, potenziali elettrici.
16 Cfr. nota 11.
17
aggiunti e di eventuali prodotti di reazione, che non devono superare i limiti previsti
dalla normativa o causare rischi per il consumatore.
3.2.5 Campi magnetici
I sistemi di trattamento basati su campi magnetici, nelle finalità dichiarate, si
indirizzano prevalentemente a impedire o ridurre la formazione di incrostazioni,
mediante l’induzione di campi magnetici nel mezzo acquoso. Le apparecchiature di
trattamento basate su campi magnetici hanno assunto diverse denominazioni sul
mercato, come anticalcari, condizionatori o decalcificatori magnetici.
Considerazione particolare per trattamenti basati su campi magnetici dovrebbe essere
rivolta all’efficacia e alle prestazioni del trattamento che, ai sensi dell’art. 8 del D.M.
25/2012, deve essere riferita esclusivamente a effetti relativi a sostanze e/o elementi e/o
parametri biologici che siano stati testati sperimentalmente o adeguatamente
documentati nella letteratura comunemente accettata a livello internazionale, quale
standard nazionali, internazionali, pubblicazioni o linee guida dell’Organizzazione
Mondiale della Sanità (OMS).
3.2.6 Trattamenti antibatterici e di disinfezione
A seconda della loro natura i sistemi di disinfezione delle acque si basano sull’impiego
di prodotti chimici, quali cloro gassoso, biossido di cloro, ipoclorito e/o ozono, o agenti
fisici, quali calore e/o radiazione elettromagnetica UV.
I disinfettanti e sistemi di disinfezione, largamente utilizzati nei processi di
potabilizzazione e nella distribuzione idrica, sono anche applicati in apparecchiature per
il trattamento di acque destinate a consumo umano. In quest’ultimo contesto, la
disinfezione può essere associata ad altri trattamenti attuati dal dispositivo (come nel
caso della disinfezione UV espletata a valle della filtrazione attraverso carboni attivi),
oppure il trattamento può essere finalizzato alla sanificazione e alla bonifica di impianti
di distribuzione domestica (come nel caso di apparecchiature di disinfezione con
ipoclorito o biossido di cloro per il controllo di Legionella).
Di norma, nell’uso domestico il biossido di cloro non trova impiego sia per la sua
elevata tossicità sia perché richiede una preparazione in situ con procedimenti piuttosto
pericolosi.
Piccoli quantitativi di ozono sono ottenibili con radiazioni da lampade UV a 185 nm che
trovano impiego anche in piccole piscine.
Il cloro può d’altra parte essere prodotto “in situ” con relativa semplicità mediante
procedimenti elettrolitici che sfruttano in genere la salamoia utilizzata per la
rigenerazione degli addolcitori.
L’ipoclorito in soluzione commerciale diluita è frequentemente utilizzato per
disinfezioni periodiche fuori servizio, ad esempio aggiunto alla salamoia di
rigenerazione delle resine o per bonifiche di reti.
18
È da sottolineare che l’impiego di agenti disinfettanti senza un adeguato controllo dei
reattivi e delle condizioni di reazione potrebbe comportare la formazione di
sottoprodotti di disinfezione e di conseguenza compromettere la qualità dell’acqua
trattata; più specificamente trialometani, cloriti o bromati potrebbero essere prodotti in
seguito ad utilizzo, rispettivamente, di ipoclorito, biossido di cloro e ozono.
Fondamentale è, in tale contesto, l’utilizzo di reagenti con adeguate caratteristiche di
purezza ed il mantenimento delle condizioni ottimali di utilizzo dell’apparecchiatura
affinché, pur assicurando l’effetto di disinfezione, le concentrazioni di disinfettante
residuo e sottoprodotti di disinfezione nell’acqua trattata non eccedano le concentrazioni
consentite e non rappresentino rischi per la salute del consumatore.
3.2.6.1 Disinfettanti chimici
La disinfezione chimica è un processo largamente utilizzato nell’ambito della
potabilizzazione, e si basa sull’utilizzo di mezzi chimici, principalmente di composti a
base di cloro e di ozono, che, posti in contatto con le acque in adeguate concentrazioni e
per tempi appropriati, hanno l’effetto di inattivare, eliminare, o esercitare altri effetti di
controllo su microrganismi nocivi. I disinfettanti chimici agiscono principalmente come
ossidanti. In molti casi, in particolare per le tecnologie di clorazione utilizzate nella
filiera di potabilizzazione, il trattamento di disinfezione è finalizzato anche ad ottenere
un effetto residuo (cloro-copertura)17 per prevenire fenomeni di ricontaminazione o
proliferazione di microorganismi nel corso della distribuzione delle acque fino
all’utenza.
L’utilizzo di cloro gassoso o di ipoclorito di sodio porta alla formazione di acido
ipocloroso (HClO), principio attivo della disinfezione, energico ossidante nei confronti
dei batteri e delle sostanze organiche ed inorganiche presenti nell’acqua. A presiedere
l’azione battericida è la diffusione del cloro attraverso la parete cellulare che induce
danni irreversibili alla membrana citoplasmatica ed inattiva alcuni sistemi enzimatici,
essenziali al metabolismo cellulare. Alle concentrazioni di normale utilizzo, la
disinfezione con cloro richiede dei tempi di contatto di almeno 30 minuti ed è
condizionata dalla torbidità. Il quantitativo di reagente da utilizzare (cloro richiesta) è
funzione della concentrazione in acqua delle specie da ossidare, in particolare
ammoniaca, sostanze organiche, microrganismi, ioni ferrosi e manganosi, nitriti e
idrogeno solforato.
L’ozono è un gas reattivo con elevato potere ossidante nei confronti di molti composti
organici ed inorganici potenzialmente presenti in acqua. Rispetto ad altri disinfettanti
utilizzati in processi di potabilizzazione necessita di minor tempo di contatto e
concentrazione, a parità di effetti. L’azione antibatterica è dovuta a reazioni di
ossidazione ad opera di radicali liberi, a carico della membrana cellulare, associate
all’inattivazione dell’attività enzimatica dei microrganismi. L’azione disinfettante
17 Cfr. nota 12.
19
dell’ozono risulta efficace anche nei confronti dei virus, per effetto di interazioni del
disinfettante con gli acidi nucleici, e contro le cisti di protozoi.
L’uso di ozono non genera una concentrazione residua di disinfettante e per questo
motivo il trattamento, in potabilizzazione, è generalmente associato all’impiego di altri
disinfettanti quali ipoclorito, cloro, biossido di cloro per garantire la cloro-copertura18.
3.2.6.2 Impianti UV
Le apparecchiature di disinfezione mediante UV utilizzano sorgenti in grado di emettere
radiazioni comprese in genere tra 240 e 280 nm che, interagendo con acidi nucleici e
sistemi enzimatici di virus e microrganismi, presiedono ad azioni germicide in acque
destinate a consumo umano. Molti dispositivi utilizzano come sorgenti lampade al
mercurio alloggiate in tubi di quarzo, anche se esistono differenti modalità progettuali.
Questa tipologia di trattamento presenta il vantaggio di lasciare inalterate le
caratteristiche organolettiche dell’acqua trattata. D’altra parte l’azione di disinfezione è
localizzata nell’area dell’irraggiamento UV e non genera proprietà disinfettanti residue.
Un adeguato controllo delle variabili fondamentali del processo, quali la trasmittanza
dell’acqua da trattare, l’energia della lampada (funzione anche della durata), l’eventuale
presenza di solidi sospesi, la natura e quantità della carica microbica in ingresso, ecc., è
essenziale per garantire l’efficacia del trattamento di disinfezione.
3.2.6.3 Argento
Alcuni elementi, come l’argento e il rame, anche in quantità ridotte, esercitano una
significativa azione avversa sulla sopravvivenza e crescita di microrganismi. L’azione,
definita oligodinamica, trova anche impiego nella disinfezione delle acque ed è
riconducibile sia ad interazioni degli elementi con la parete cellulare dei microrganismi,
tali da compromettere la permeabilità di membrana, che a fenomeni di denatura